L’imposta sul valore aggiunto (in breve IVA) è un tributo nato in ambito comunitario come un’imposta rivolta tendenzialmente alla percezione dello stesso nel Paese del consumo dei beni o dei servizi.
Fin dalla creazione della Comunità Europea, per la realizzazione di un mercato unico privo di distorsioni, gli Stati membri convennero nella necessità di tassare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. Si trattò, quindi, di cercare di armonizzare l’imposta sulla cifra del volume d’affari, che nei vari Stati era disciplinata in modo radicalmente differente.
Furono così redatte due direttive nel 1967, che vennero poi recepite dai singoli ordinamenti nazionali. Il modello seguito fu quello della TVA francese, un’imposta caratterizzata per la neutralità dei passaggi intermedi del ciclo produttivo o distributivo (tramite rivalsa e detrazione) e per il suo esclusivo riversamento sul consumatore finale, indipendentemente dal numero e dall’importo delle operazioni effettuate a monte cosicché gli obblighi strumentali per l’applicazione dell’imposta gravino esclusivamente sugli operatori economici (altrimenti detti soggetti passivi).
Sebbene l’intento iniziale della norma fosse quello di trovare un’applicazione della tassazione all’origine ovvero nello Stato del cedente o del prestatore, nella realtà attuale dei fatti ciò non è ancora avvenuto e, per quanto riguarda gli scambi intracomunitari, è stato adottato un regime speciale che prevede la tassazione nel Paese di destinazione.
Le due direttive originarie sono state più volte oggetto di modifiche e revisioni, che i vari Stati membri hanno dovuto recepire nelle modalità e nei tempi stabiliti dalla Comunità Europea prima e dall’Unione Europea poi.
L’impianto attuale si basa sulla direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE alla quale sono state apportate successive modifiche, fra le quali la più importante è sicuramente il c.d. Vat Package del 2008 in tema di territorialità dell’imposta di servizi.
In generale, un’operazione rientra nel campo dell’applicazione dell’IVA quando sussistono contemporaneamente i seguenti tre presupposti:
Oggettivo: si deve trattare di una cessione di beni o di una prestazione di servizi. Queste operazioni sono imponibili quando sono effettuate a titolo oneroso, mentre lo sono solo in alcuni casi quando sono effettuate a titolo gratuito. La distinzione fra cessioni di beni e prestazioni di servizi è molto importante perché, spesso, la disciplina presenta caratteristiche differenziate (in primis per esempio la determinazione del momento impositivo).
Soggettivo: si tratta di un’operazione compiuta da un soggetto passivo ovvero da un soggetto che compie l’operazione nell’esercizio di impresa o di arte e professione. Per esercizio di impresa si intende lo svolgimento di una o più attività commerciali o agricole (così come definite ai sensi degli articoli 2195 e 2135 del Codice civile) esercitate in maniera abituale ancorché non esclusiva, anche se non organizzate in forma di impresa. Inoltre, sono considerate esercizio di impresa tutte quelle attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del Codice civile. Per esercizio di arti e professioni si intende “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o diassociazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse”. Fa eccezione al requisito soggettivo l’importazione, per la quale trova l’applicazione dell’imposta anche quando è posta in essere da un soggetto privato.
Territoriale: l’operazione deve essere effettuata in Italia con le dovute specificazioni per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.
Quando sussistono contemporaneamente i tre presupposti l’operazione rientra nel campo dell’IVA, ma ciò non significa che la stessa sia soggetta ad IVA in quanto potrebbe essere esente o non imponibile.
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