Molto spesso si sente dire da un imprenditore che paga tantissime tasse oppure da un giornalista al telegiornale che il governo promette la diminuzione delle tasse.
Innanzitutto bisogna chiarire che un tributo è un prelievo coattivo di ricchezza operato dallo Stato o altri enti pubblici locali. La tassa è un tributo pagato da un utente in cambio di un servizio pubblico svolto da un ente pubblico, è relativa a servizi di cui il contribuente può decidere di avvalersi o meno e non dipende dal reddito e neanche dal costo del servizio prestato. L’imposta è un prelievo coattivo effettuato sui contribuenti ma non viene concesso in cambio nessun servizio e nessuna prestazione da parte dello Stato, a differenza delle tasse che sono legate a prestazioni. Altra cosa è il canone che è un corrispettivo periodicamente versato da un contraente all’altro come controprestazione per l’utilizzo di un bene.
Ora che ci sia confusione fra la gente comune mi sta anche bene, ma fra gli addetti ai lavori no. Se volete confondervi le idee leggete la sentenza del 26 giugno 2002 n. 284 in merito all’amatissimo canone RAI: “Benché all’origine apparisse configurato come corrispettivo dovuto dagli utenti del servizio […] ha da tempo assunto, nella legislazione, natura di prestazione tributaria, fondata sulla legge […] E se in un primo tempo sembrava prevalere la configurazione del canone come tassa, collegata alla fruizione del servizio, in seguito lo si è inteso come imposta”.
Probabilmente il problema non è che in corte costituzionale non hanno ben a mente la differenza tra canone, imposta e tassa, ma che un italiano che possiede una o più televisione è costretto a pagare 100 euro all’anno. Visto il valore medio del bene il canone/tassa/imposta mi pare un po’ caro.